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Madonna col Bambino e i santi Antonio Abate, Margherita, Stefano e Caterina d'Alessandria (Tabernacolo del Mercatale)

Il prezioso tabernacolo esposto nella sala dedicata a Filippino Lippi è una delle opere più famose dell’artista, certamente per la bellezza e armonia delle figure protagoniste, ma anche perché è testimone di un brano di storia della città. Il tabernacolo affrescato infatti si trovava sul “canto”, cioè su un angolo, di piazza Mercatale, e rimase vittima dei bombardamenti del marzo 1944: fu solo grazie alla pazienza e alla premura di un altro pratese, il celebre restauratore Leonetto Tintori, che poté essere ricostruito pezzetto per pezzetto e restaurato affinché potessimo ammirarlo ancora oggi.

Risale al 1498 la commissione a Filippino Lippi, artista ormai affermato a Firenze, del tabernacolo ad affresco sul Canto al Mercatale, dirimpetto al convento femminile di Santa Margherita - lo stesso in cui si erano conosciuti i suoi genitori, fra Filippo Lippi e suor Lucrezia Buti. Testimonianze dell’epoca riferiscono che da subito l’opera fu molto apprezzata, sia dai cittadini pratesi, che si accostavano alla figura della Vergine con particolare devozione, sia dai letterati, basti pensare che anche Giorgio Vasari nelle sue Vite la descrive con lodevole ammirazione.

La struggente dolcezza dei volti e la straordinaria modulazione della luce animano lo spazio scenico progettato in continuo su più pannelli, dove al centro è la Madonna col Bambino, incoronata da una schiera di serafini morbidamente appoggiati alle nuvole, e ai lati sono rappresentati i santi Antonio Abate e Margherita, Stefano e Caterina d’Alessandria in atteggiamento devozionale. La raffinata decorazione dell’altare e l’abbondanza ornamentale della volta testimoniano l’inquieto gusto antiquario che Filippino aveva maturato durante il suo soggiorno a Roma nel 1488. Lo stesso spiccato gusto decorativo tratto dal traboccante patrimonio artistico romano avvicina questo affresco a quelli delle pareti laterali della Cappella Strozzi in Santa Maria Novella, dipinti da Filippino nello stesso periodo. Modulando figure sacre e dettagli all’antica, il pittore qui ha dato vita ad un’opera sublime e coerente con uno dei principi fondanti del Rinascimento, conciliando il sapore antico con i valori cristiani. Ne è testimonianza il motto del filosofo storico Epitteto, “SUBSTINE ET ABSTINE” (“sopporta e astieniti”), che si legge sul cartiglio tra i libri poggiati sull’altare. Alla base del gruppo centrale, sorretto da due tritoni, è raffigurato lo stemma dei Tieri, importante famiglia pratese proprietaria di una casa nei pressi del tabernacolo. Come sembra suggerire la presenza di sant’Antonio Abate in posizione d’onore, il committente dell'opera può forse identificarsi in Antonio Tieri.