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La Scuola di Prato

Diego Fanciullacci

Fabbriche

E proprio i sentimenti comuni di genuina moralità e di amore per l’arte furono declinati nelle diverse modalità espressive, di pari passo con l’affermarsi del rinnovamento artistico interpretato da Soffici, Maccari e Rosai. Essi si riunivano, insieme ad altri intellettuali pratesi, tra cui Egidio Bellandi e Dino Fiorelli, nella bottega del sarto Zola Settesoldi in via Rinaldesca. Qui non mancavano spunti per dibattici politici e culturali, dettati da una non comune schiettezza intellettuale e artistica, che si ritrova intatta nell’attività artistica di ognuno di loro.

Guida costante di questo gruppo di giovani furono i consigli e l’assidua frequentazione con Ardengo Soffici, del quale al terzo piano del Pretorio sono esposti Il Reduce e Cabine a Forte dei Marmi.Egli, nella sua casa di Poggio a Caiano, li spronava allo studio e alla conoscenza dell’Impressionismo, di Cezanne e delle avanguardie storiche parigine con Picasso e Braque, ma anche dell’arte toscana del Trecento e Quattrocento.

Soprattutto Del Rigo, Martini e Pierucci si riconobbero nella lezione del Maestro, nel recupero di un linguaggio autentico e popolare, tanto da essere inseriti da Soffici nella prima mostra degli artisti di “Strapaese” promossa dalla rivista “Il Selvaggio”insieme ai più noti Rosai, Maccari, Lega, Morandi.  Nel maggio del 1931 Del Rigo, Martini e Pierucci esposero di nuovo insieme alla “Mostra Sindacale” di Firenze nel Palazzo della Lana, accanto agli altri artisti della “Scuola di Prato” e a Fiaschi, in quella che fu l’ultima occasione che li vide riuniti, prima della prematura scomparsa di Del Rigo nel febbraio del 1932 che segnò la fine dell’intenso sodalizio artistico.

Legato alla “Scuola di Prato” e agli allievi della Leonardo, Guido Dolci, pittore e decoratore,  rappresentò un punto di riferimento per molti artisti che iniziarono la loro attività nel periodo fra le due Guerre. Così Pierucci, Tintori, Del Rigo sperimentarono la tecnica della decorazione e della pittura murale accanto a lui, mentre lavorava ai cantieri più importanti della città, dal Politeama Pratese alla Pubblica Assistenza, dal Cicognini, al Palazzo Pretorio, dove dipinse le decorazioni in stile medievale nella sala al piano terra.

La piccola galleria di ritratti scolpiti da Pierucci merita una particolare attenzione. Si tratta infatti personalità note che Pierucci ha realizzato, impegnandosi in una satira sagace, che richiama, secondo Alessandro Parronchi, la commedia di Aristofane e prende avvio da una libertà di interpretazione del tutto popolare, che cerca di mettere in mostra, distruggendola, la vanità dei personaggi.  Un’arte schietta e sincera, che parlava una lingua universale, pur con accenti pratesi e che aveva preso avvio con la “Scuola di Prato”, si ritrova in Sergio Fiaschi, che, come ricorda Franco Riccomini, cercò sempre l’intimo delle cose. Insieme a lui Sanesi, Brogi, Fanciullacci e altri si ritrovavano negli anni Cinquanta al Bar “La Posta” a parlare di pittura, per ognuno di loro ossessione e stimolo vitale.