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Decorazioni sala del Consiglio

Arrigo di Niccolò 
La Giustizia Militante
 

Agli inizi del Quattrocento, a distanza di pochi mesi l’uno dall’altro, furono commissionati i due grandi dipinti murali sulla testata raffiguranti la Maestà e la Giustizia Militante. Gli stemmi che vi compaiono si riferiscono ai due Podestà che ricoprirono questa carica nel 1415 (Niccolò da Uzzano e Brunetto Aldobrandini). Attribuita ad Arrigo di Niccolò da Claudio Cerretelli, la Giustizia militante, databile al 1415, presenta un complesso progetto iconografico che vede al centro la figura principale circondata da motivi decorativi vegetali alternati, a sei tondi con le virtù, sormontati dal capo d’Angiò e dagli stemmi di Firenze, del Popolo e di Parte Guelfa.

La Madonna con Bambino e i santi Stefano e Giovanni Battista fu eseguita nel 1416, alla fine del mandato di Brunetto Aldobrandini, da Pietro di Miniato, con la probabile collaborazione del fratello Antonio.

Nella prima metà del Quattrocento i due artisti fiorentini avevano a Prato una bottega fiorente e dedita soprattutto alla pittura ad affresco, come testimoniano le numerose opere ancora visibili in città, tra cui si ricorda al piano terra del Pretorio La città di Prato con i santi Stefano e Giovanni Battista e i benefattori Francesco di Marco Datini e Michele e al primo piano il polittico con l’Incoronazione della Vergine.

Per tutto il Quattrocento il salone fu ornato da stemmi e stendardi, alcuni dei quali dipinti da Filippo Lippi, come quello del podestà Francesco Sacchetti realizzato nel 1463.

Secondo Gaetano Guasti anche Fra’ Diamante prese parte alla decorazione con l’arme del podestà Francesco Mellini, dipinto nel 1462 sulla nuova parete di ingresso del salone e ricordato per la bellezza dei due leoni che lo affiancavano. Nonostante fosse ancora visibile la decorazione trecentesca, l’usanza di dipingere stemmi e motti che esortavano alla buona amministrazione cittadina sopravvisse anche nel Cinquecento, quando accanto a questi comparvero, a ornare l’ambiente, pure dipinti su tavola e tela, come il raffinato tondo di Raffaellino del Garbo con la Madonna col Bambino e San Giovannino, comprato a Firenze nel 1558 e oggi esposta nel Museo di Palazzo Pretorio.

Sulle lunghe pareti vennero appesi arazzi, stemmi medicei e insegne del Comune di Prato e dei Ceppi e trovò posto la serie dei ritratti.  

Oltre ai ritratti nel Seicento furono aggiunti nuovi quadri, tra cui i due con San Domenico e San Giuseppe, dipinti da Mario Balassi nel 1656-1657, dopo l’elevazione di Prato a città (1653) e ora esposti al Pretorio.  

Il fregio sui quattro lati del salone è frutto di un intervento del 1870-1872, ad opera di Pietro Pezzati e dei suoi collaboratori Eustachio Turchini e Santo Varni. Su decisione del sindaco e della Giunta fu infatti distrutta l’ariosa decorazione barocca dipinta da Paolo di Vincenzo Lippi nel 1675 che celebrava con allegorie e vedute cittadine il buon governo e i pregi dei granduchi medicei e fu commissionato il fregio neocinquecentesco al Pezzati.

Evidente il fine di esaltare Prato, il cui stemma è al centro della testata del salone, sostenuto dalla Scienza e dall’Industria, affiancate da coppie di putti che sorreggono gli stemmi pratesi col Cavaliere e del contado.  Lungo i lati altri putti alternati a chimere reggono le insegne delle istituzioni pie, a partire dall’Ospedale Misericordia e Dolce fino all’Istituto Magnolfi.