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Le grandi pale

L'Arcangelo Raffaele e il giovane Tobiolo si tengono per mano. Raffaele guarda Tobiolo il quale guarda verso lo spettatore. Le vesti sono ricche, ornate da perle e ricami.

Francesco Morandini detto il Poppi, Tobiolo e l'angelo, 1572-1573

Le grandi pale esposte nel magnifico salone del secondo piano rappresentano un nucleo rilevante della collezione del museo. Provengono in prevalenza dalle chiese della città e sono confluite nel patrimonio del Comune per lo più nell’Ottocento, in seguito alle soppressioni ecclesiastiche.
Eseguite fra il tardo Cinquecento e il primo Settecento, ci parlano di una città centro propulsivo di idee e artisti, in un territorio fitto di popolosi conventi, di chiese e confraternite, di oratori e tabernacoli.

Un linguaggio persuasivo e coinvolgente, facilmente comprensibile, caratterizzò l’arte figurativa del Cinquecento, dopo la Controriforma. A quel clima di intenso fervore diede in città un forte impulso Caterina de’ Ricci (1522 - 1590), la santa di Prato, a lungo vissuta nel monastero domenicano di San Vincenzo. Alla seconda metà del secolo appartengono due tavole provenienti dal convento di Santa Caterina, lo Sposalizio mistico di Giovan Battista Naldini e la Circoncisione, del pratese Paolo degli Organi. Degli stessi anni è il pontormesco Tobiolo e l’Angelo, dall’antica Compagnia dell’Angelo Raffaele, una delle invenzioni pittoriche più felici del Poppi, in cui sono evidenti i caratteri della maniera moderna nelle figure allungate e nei sofisticati ornamenti delle vesti.
Notevoli esempi del clima artistico fiorentino d’inizio Seicento sono le tre superbe pale, una di Santi di Tito e due di Alessandro Allori, dipinte per la cappella degli Spini a Peretola (donate al Museo da Angela Riblet nel 2011). Negli stessi anni ottenne numerose commissioni in città il pratese Leonardo Mascagni, del quale è esposta la Vocazione di san Matteo (dall’omonimo convento, poi soppresso), ancora legata alla cultura tardocinquecentesca.

Raffinati artisti fiorentini operarono in città nel periodo successivo - come il Bilvert, che dipinse per la chiesa di San Francesco l’originale Annunciazione - quando divenne determinante l’influenza della corte medicea. Il granduca Ferdinando II nel 1653 elevò Prato al titolo di Città e promosse una serie di interventi affidati principalmente ad artisti fiorentini, come il Balassi, del quale sono esposte, oltre al suggestivo Miracolo di san Nicola da Tolentino, due pregevoli opere commissionate dalla comunità pratese per il Palazzo Comunale.

Di altissima qualità le tre grandi pale d’altare del Settecento, due delle quali realizzate contemporaneamente per la chiesa del monastero di San Matteo: il Miracolo di San Nicola da Tolentino di Sigismondo Betti e la straordinaria Annunciazione di Giovan Domenico Ferretti. Ornò invece lo splendido santuario rinascimentale di Santa Maria delle Carceri la pala con Santa Caterina d’Alessandria, di Francesco Conti.